Gaudenzio Ferrari (Valduggia, fra il 1475 e il 1480 – Milano, 31 gennaio 1546) è stato un pittore e scultore italiano.
Scrisse di lui Giorgio Vasari: « Fu coetaneo di costui Gaudenzio Milanese pittore eccellentissimo, pratico et espedito, che a fresco fece per Milano molte opere, e particularmente à frati della Passione un Cenacolo bellissimo, che per la morte sua rimase imperfetto. Lavorò ancora ad olio eccellentemente, e di suo sono assai opere a Vercelli et a Veralla molto stimate da chi le possiede. »
Giovan Paolo Lomazzo lo vuole - cosa che la critica tende oggi a confermare - allievo di Stefano Scotto, artista impegnato in quegli anni nella Fabbrica del Duomo milanese; ma nelle sue opere oltre all'influsso leonardesco, che fu preminente, si trovano anche suggestioni provenienti da Perugino e da Raffaello e motivi derivati da Dürer e dagli artisti nordici della scuola danubiana, conosciuti attraverso le incisioni. Il giovane Gaudenzio si dimostra dunque in grado di assimilare ed integrare le diverse lezioni.
È da ipotizzare, tuttavia, che un altro e più fertile apprendistato si realizzi nella "sua" Varallo, tra le pareti della chiesa di Santa Maria delle Grazie e la nascente impresa - voluta dal padre francescano Bernardino Caimi - di edificazione del Sacro Monte di Varallo in guisa di "Nuova Gerusalemme", progetto al quale Ferrari legherà poi indissolubilmente il suo nome.
Sulla grandiosa cappella della Crocifissione (la "Sistina delle montagne") così ha scritto Giovanni Testori:
« Le cose; le figure; i visi; i bambini giocondi e bellissimi; i signorotti opimi; i cani; i cavalli; i cavalieri; le madri; le ragazze; i giovani; gli stendardi; le carni tenere, rosa; quelle tese e gonfie per troppa, vitale maturità; le barbe bianche; le capigliature cosi celesti, cosi "paradiso", da sembrar aureole... E tutto dato come nell'amplitudine d'un respiro che differenzia e accomuna. Cuori che battono; apprensioni; paure; ingorde alterigie; menti appannate dal troppo avere; spaventi; orrori; presagi; improvvise tristezze; malinconie. E quel riflettersi, in tutti, dell'agonia di chi muore e dello strazio di chi assiste. Gli anni d'un paese; le antichità d'una valle; tempi e tempi di storia umana e dunque di sofferenza e di gioia, di letizia e di dolore. »
La capacità figurativa dimostrata nel popolare di presenze angeliche la cappella della Crocifissione gli torna utile, con un di più di estro inventivo, nella vertiginosa raffigurazione degli angeli musicanti ne Il Paradiso che accoglie l'Assunta (nota anche come Concerto degli Angeli) realizzato per la cupola del Santuario della Madonna dei Miracoli in Saronno (1534-36).
La rappresentazione Paradiso realizzata da Gaudenzio è affollata da uno stupefacente turbine di angeli coloratissimi che si dispongono su quattro cerchi concentrici: in quello più in alto è posto uno stuolo di angioletti ignudi e pieni di luce che volgono lo sguardo in alto verso il Padre al centro della cupola; al di sotto vi è la raffigurazione del concerto vero e proprio, con gli angeli cantori che leggono assieme libri corali e cartigli, ed angeli intenti a far musica: essi compongono la più variegata orchestra di strumenti a corde ed a fiato che mai sia stata dipinta.
Nel 1539 il Ferrari si trasferisce definitivamente a Milano dove resterà sino alla morte: la sua reputazione di artista era ormai consolidata, tale da fruttargli un ampio numero di commesse. Gaudenzio seppe assecondare i committenti adeguandosi ai gusti che andavano affermandosi nella capitale lombarda.
Tra le opere milanesi si possono citare gli affreschi della di Cappella della Sacra Corona in Santa Maria delle Grazie (1540-1542), la pala di San Gerolamo in San Giorgio al Palazzo, la pala di S. Maria di Piazza a Busto Arsizio.
Presso la sua bottega opera Bernardino Lanino, che negli anni successivi sarà, con maggiori intonazioni manieristiche, il più fedele interprete del maestro.
Il Ferrari nelle ultime opere coniuga con maggiore equilibrio i nuovi motivi manieristici con la tradizione naturalistica lombarda: ne è un esempio la pala dell'Ultima Cena, realizzata per la chiesa milanese di Santa Maria della Passione (pala in cui Gaudenzio, recuperando memorie nordiche e forte di una raggiunta autonomia stilistica, non ha remore nel discostarsi dall'imperante modello del Cenacolo di Leonardo); ma ne è soprattutto esempio - per la facilità espressiva del racconto - quello che è il suo ultimo importante lavoro a fresco (tecnica pittorica che si rivela ancora una volta particolarmente congeniale alla poetica di Gaudenzio): le Storie di Gioacchino ed Anna (1544-45)realizzate in "Santa Maria della Pace"', ed ora - strappate e riportate su tela - conservate nella Pinacoteca di Brera.
Gli affreschi di Santa Maria della Pace furono già lodati dal Lomazzo che ne seppe cogliere la freschezza del racconto. Testori ha sottolineato la influenza che tali affreschi hanno avuto rispetto alla peculiare connotazione che ebbe il manierismo tra Piemonte e Lombardia.
(Wikipedia)