Pietro Antonio Longhi (Venezia, 5 novembre 1702 – 8 maggio 1785) è stato un pittore italiano.
« Fortunato sarà ugualmente il nostro comune amico celebratissimo Pietro Longhi, pittore insigne, singolarissimo imitatore della natura che, ritrovata una originale maniera di esprimere in tela i caratteri e le passioni degli uomini, accresce prodigiosamente le glorie dell'arte della Pittura, che fiorì sempre nel nostro Paese. »
(Carlo Goldoni, Le commedie, X, 1755)
Per l'opera del Longhi bisogna tener presente i costanti riferimenti al mondo teatrale, e può essere tracciato uno sviluppo parallelo tra l'opera del pittore e quella del commediografo Goldoni, quest'ultimo, attraverso il superamento della commedia dell'arte, crea un nuovo tipo di teatro ispirato alla vita reale, allo stesso modo l'artista, pittore principalmente dell'alta borghesia mercantile veneziana, propone nella sua pittura, un'attenta osservazione e la cronaca puntuale del costume sociale di un'intera epoca.
« ... Longhi dipinse per i veneziani appassionati di pittura la loro stessa vita, in tutte le sua fasi quotidiane, domestiche e mondane. Nelle scene riguardanti l'acconciatura e l'abbigliamento della dama, troviamo il pettegolezzo del barbiere imparruccato, le chiacchiere della cameriera; nella scuola di danza, l'amabile suono del violino. Non c'è nessuna nota tragica...Un senso di profonda cortesia di costumi, di grande raffinatezza, insieme con un onnipresente buonumore distingue i dipinti del Longhi da quelli di Hogarth, a volte così spietato e carico di presagi di mutamento. »
(Berenson)
« ... il suo merito principale consiste nell'aver introdotto a Venezia il quadro di genere applicando gli insegnamenti del suo maestro Giuseppe Crespi alla società veneziana del Settecento che egli, senza pretendere agli intendimenti morali di Hogarth e senza possedere la grazia delicata, né il sentimentalismo, né l'acutezza psicologica dei pittori francesi contemporanei, riprodusse fedelmente con amabile realismo... »
(Ravà)
« ... l'argomento della sua pittura è la cronaca mondana... ma il genere gli si stereotipa sotto il pennello, un po' alla volta gli diventano convenzionali, di maniera, quegli stessi aspetti grazie ai quali la letteratura encomiastica innamorata della vita del Settecento lo assomiglia, poi, leggermente a Goldoni pel suo dono di osservazione, al Parini, ancora più leggermente, per la evidenza molto discutibile della sua satira »
(Damerini)
"Si tratta di una specie di Molière della pittura, o piuttosto...di una equivalenza pittorica del Goldoni più incisivo ed ironico. In genere si è molto apprezzato il valore documentario di questo diario illustrato, trascurandone le alte qualità pittoriche, testimoni di una sensibilità eccezionale per gli interni, per i colori dimessi e ben calcolati..." (Chastel).
"L'impressione di disorganicità nella rappresentazione, sia per la composizione che per il tema, è tipica del Longhu e pone il problema se egli fosse un autentico o un falso naif...È un pittore che raccoglie le più ottuse e bizzarre lodi...Poiché è unico, si è concluso che sia d'incalcolabile importanza. Ma la sua goffa tecnica, la sua incapacità di stabilire i piani del dipinto e di disegnare con proprietà sono puri difetti che non riuscì a correggere in tanti anni di pratica" (Levey).
"Per la prima volta, col Longhi, i fatti della vita sono veduti e annotati oggettivamente e cioè senza pregiudizi sociali o intenzioni moralistiche. È la vita sociale, come tale, che diventa materia di pittura e non si propone di copiarla né d'interpretarla, ma semplicemente di vederma con mente attiva, cioè con acutezza o arguzia. Perché tra il pittore e l'oggetto si stabilsca questo rapporto d'interesse, bisogna togliere di mezzo ogni convenzione o pregiudizio, a cominciare dall'idea che la pittura celebri o storicizzi l'episodio o il personaggio. Tra il pittore e l'oggetto c'è una contemporaneità che impedisce il giudizio e suscita l'interesse: e l'interesse (non più il pietoso amore o il superbo disprezzo) per il prossimo è la base della nuova etica, per cui l'uomo deve vivere tra i suoi simili attivamente e da pari a pari. Così il Longhi, dipingendo, accentua discretamente, quasi involontariamente, quello che lo interessa di più o prima: il vestito rosa o celeste, elegante, della dama o l'arredo della camera o, magari, il cagnolino. Sono, per lui, i segni rivelatori, che di un aneddoto banale fanno una situazione significativa: e il suo spazio pittorico, non più per principio prospettico o tonale o luministico, è semplicemente lo spazio di una situazione" (Argan).
(Wikipedia)