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Reni Guido (1575-1642)

Guido Reni (Bologna, 4 novembre 1575 – Bologna, 18 agosto 1642) fu un pittore e incisore italiano, fra i maggiori del Seicento. Nasce a Bologna, nell'attuale Palazzo Ariosti di via San Felice 3, da Daniele, musicista e maestro della Cappella di San Petronio, e da Ginevra Pozzi; è battezzato il 7 novembre nella chiesa di San Pietro. Un'erronea tradizione che risale alla fine del Settecento lo fa nascere a Calvenzano (Vergato), nell'Appennino bolognese. Nel 1584, a dire dello storico Carlo Cesare Malvasia, che conobbe in vita il pittore, abbandona gli studi di musica, a cui era stato avviato dal padre, per entrare nell'avviata bottega bolognese del pittore fiammingo Denijs Calvaert, amico del padre, che lo impegna a tenerlo con sé per dieci anni. Ha per compagni di apprendistato pittori destinati a grande successo come Francesco Albani e il Domenichino; studia Raffaello, del quale copia più volte l'Estasi di Santa Cecilia, e le incisioni del Dürer. Morto il padre il 7 gennaio 1594, Guido lascia la bottega del Calvaert per aderire all'Accademia del Naturale, scuola di pittura fondata dai Carracci nel 1582, che si trasformerà nel 1599 nell'Accademia degli Incamminati. Nel 1598 è già pittore indipendente e dipinge l' Incoronazione della Vergine e quattro santi, oggi nella Pinacoteca di Bologna, per la chiesa di San Bernardo, e vince la gara, in concorso con Ludovico Carracci, per la decorazione della facciata del Palazzo del Reggimento, l'attuale palazzo municipale di Bologna: gli affreschi, commissionati per onorare la visita di papa Clemente VIII e rappresentanti figure allegoriche, si erano già cancellati nell'Ottocento. Sono contemporanee le tele della Madonna col Bambino, san Domenico e i Misteri del Rosario della Basilica di San Luca, la Resurrezione di San Domenico e l'Assunzione della Vergine della parrocchiale di Pieve di Cento. Il 5 dicembre 1599 fa parte del Consiglio della Congregazione dei pittori di Bologna. Forse già nel 1600 ma certamente nel 1601 è a Roma, dove l'11 ottobre viene pagato dal cardinale Sfrondato per il suo Martirio di santa Cecilia della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere: per lo stesso committente e la stessa chiesa esegue anche l' Incoronazione dei santi Cecilia e Valeriano e, copia del noto dipinto di Raffaello, la Santa Cecilia con quattro santi, ora conservata nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Ai primi del 1603 è a Bologna per assistere ai funerali di Agostino Carracci. Viaggia da Bologna a Roma e di qui a Loreto, per trattare delle eventuali decorazioni della Santa Casa che verranno però affidate al Pomarancio; a Loreto, comunque, vede gli affreschi di Melozzo, le cui opere aveva probabilmente già conosciuto a Roma e, di passaggio, a Forlì. Delle soluzioni melozziane terrà conto nei suoi lavori: si pensi alla prospettiva degli affreschi del Duomo di Ravenna. I questo periodo dipinse Il Cristo in Pietà ora conservato nella Cappella della Sacra Spina del Duomo di Osimo. Nel 1605 completa La crocefissione di san Pietro, per la chiesa romana di San Paolo alle Tre Fontane, ma ora nella Pinacoteca Vaticana, commissionatagli dal cardinale Pietro Aldobrandini. La sua fama è così consolidata che nel 1608 papa Paolo V gli affida la decorazione di due sale dei Palazzi Vaticani, la Sala delle Nozze Aldobrandine e la Sala delle Dame, e il cardinale Borgherini gli affreschi di San Gregorio al Celio, il Martirio di sant'Andrea e l'Eterno in gloria; l'anno dopo inizia la decorazione della cappella dell'Annunciata nel palazzo del Quirinale, avvalendosi anche di aiuti importanti come quelli di Francesco Albani e di Giovanni Lanfranco. Il 25 settembre 1609 riceve il primo acconto per gli affreschi della cappella Paolina in Santa Maria Maggiore che interrompe alla fine del 1610 - sembra per contrasti con l'amministrazione papale - tornando a Bologna, dove esegue importanti dipinti quali La strage degli innocenti, il Sansone vittorioso e il severo e intensissimo Ritratto della madre. Torna a Roma nel 1612, per terminare nell'aprile gli affreschi di Santa Maria Maggiore; il cardinale Scipione Borghese gli commissiona, per il suo Casino nel parco del suo Palazzo, ora Rospigliosi Pallavicini, l'affresco dell'Aurora, terminato nell'agosto 1614. Il grandioso affresco ebbe grande fortuna fino al Neoclassicismo: il carro di Apollo, circondato dalle figure delle Ore è preceduto dall'Aurora mentre sopra i quattro cavalli vola Phosphoros, l'astro del mattino, con una torcia accesa; in basso a destra è rappresentato un paesaggio marino. Dopo un breve soggiorno a Napoli, è a Bologna dove inizia ad affrescare l'abside della cappella di San Domenico, nell'omonima basilica; ancora a Roma nel primi del 1614, torna definitivamente a Bologna nell'ottobre 1614. Nel 1625 firma e data a Roma il Ritratto del cardinale Roberto Ubaldini, ora in una collezione privata inglese e la grande pala barocca della Trinità per la chiesa dei Pellegrini, dipinta, secondo il Malvasia, in soli ventisette giorni e terminata in settembre. A questo periodo (1627) appartiene anche la celeberrima tela della Immacolata Concezione oggi conservata nella Chiesa di San Biagio di Forlì. Ritorna ancora a Roma nel 1627 per eseguire gli affreschi, commissionatigli dal cardinale Barberini, delle Storie di Attila in San Pietro; impone che nessuno – "né anco i cardinali" - salga sulle impalcature durante i lavori e tuttavia non mette mano all'opera ripartendo bruscamente per Bologna, a causa, s'è detto, oltre che dell'ostilità di alcuni cardinali, anche della gelosia del Gessi, suo ex allievo. Fanno parte della produzione ultima le Adorazioni dei pastori di Napoli e di Londra, i San Sebastiano di Londra e di Bologna, la Flagellazione di Cristo di Bologna, Il suicidio di Cleopatra e La fanciulla con corona, entrambe nella Pinacoteca Capitolina e per ultimo il San Pietro piangente in collezione privata: Alex Cavallucci e il Prof.Andrea Emiliani lo collocano in questi ultimi anni di vita del maestro, tutte opere che il Malvasia definì incompiute: eseguite a pennellate veloci e sommarie, secondo un'intenzione stilistica che la critica, dal Novecento, riconosce invece una consapevole scelta estetica del Reni. Il 6 agosto 1642 è "colto da febbri" che lo portano alla morte il 18 agosto. Il corpo viene esposto vestito da cappuccino e sepolto nella cappella del Rosario della basilica di San Domenico, per volontà del senatore bolognese Saulo Guidotti, legato al pittore da profonda amicizia. Accanto a lui giacciono le spoglie di Elisabetta Sirani, sua allieva prediletta. Wikipedia

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