Domenico Zampieri detto il Domenichino (Bologna, 21 ottobre 1581 – Napoli, 6 aprile 1641) è stato un pittore italiano.
Fervente fautore del classicismo, nei suoi dipinti, dove il disegno, appreso da Ludovico Carracci, assume un ruolo preponderante, tende a realizzare composizioni di semplicità e chiarezza narrativa, trasfigurate in un'ideale di bellezza classica.
Si è detto che fosse chiamato Domenichino per la piccola statura, è più probabile che il nomignolo si riferisse alla sua ingenuità e alla morbosa timidezza della sua indole.
Figlio del calzolaio Giovan Pietro e di Valeria, dapprima si dedica a studi umanistici, di grammatica e retorica, ma mostra subito tali interessi artistici che il padre gli permette di frequentare un apprendistato nell'atelier bolognese di Denijs Calvaert insieme col fratello maggiore – che rinuncerà bel presto alla pittura per tornare nella bottega paterna. Domenico ha per compagni di studio Guido Reni e Francesco Albani, col quale si lega in fraterna amicizia e di cui condivide l'orientamento classicista.
Nel 1601 lascia Bologna per trasferirsi a Roma, insieme all'amico Francesco Albani, per studiare le opere di Raffaello e collaborare con Annibale Carracci, al tempo forse il più apprezzato pittore operante a Roma.
Domenichino si dedica soprattutto all'affresco: grazie al cardinale Girolamo Agucchi, ottiene la prima commissione pubblica a Roma per i tre affreschi nella chiesa di Sant'Onofrio (1604-1605).
Grazie all'appoggio di monsignor Giovanni Battista Agucchi, segretario del cardinale Pietro Aldobrandini, "cardinal nepote" di Clemente VIII Aldobrandini e fratello del cardinale Girolamo Agucchi, del quale fa un ritratto, ora agli Uffizi, secondo la tradizione raffaellesca, Domenichino ottiene la commissione di affrescare con le Storie di San Nilo la Capella dei Santissimi Fondatori, nell'Abbazia di San Nilo a Grottaferrata (1608 - 1610), il cui priore è Odoardo Farnese.
Le prime commissioni indipendenti arrivano all'inizio del secondo decennio del secolo, con la decorazione, commissionatagli da Pierre Polet, della cappella della propria famiglia in San Luigi dei Francesi; impiega tre anni a terminare le Storie di santa Cecilia, con le figure che derivano direttamente da statue classiche e dall'opera di Raffaello; intanto aveva dipinto La comunione di san Girolamo per la chiesa di San Girolamo della Carità, dove Filippo Neri aveva fondato il suo oratorio, ma ora nei Musei Vaticani.
L'artista lascia Roma nel 1618, fermandosi a Bologna per eseguire la pala della Madonna del Rosario prima di stabilirsi a Fano. Torna a Bologna in aprile per sposare Marsibilia Barbetti: il primo figlio viene battezzato nella chiesa di San Petronio a Bologna dal cardinale Alessandro Ludovisi, che tre giorni dopo diventerà papa, col nome di Gregorio XV.
Chiamato nel 1621 a Roma dal nuovo pontefice, il primo aprile è nominato architetto generale della Camera apostolica, ma non progetterà alcun edificio; nel 1622 ottenne l'incarico di affrescare i pennacchi ed il coro della chiesa di Sant'Andrea della Valle, e qualche anno dopo, di dipingere le storie della vita del santo nell'abside.
Nel 1626 partecipa al concorso per il progetto della chiesa di Sant'Ignazio mentre nel 1628 inizia gli affreschi di San Carlo ai Catinari che termina nel 1630. Il 23 marzo di quest'anno accetta, in una lettera inviata a Napoli, l'incarico per la Cappella del Tesoro nel Duomo offertogli dai Deputati della Cappella del Tesoro di San Gennaro. Terminati nel giugno gli affreschi di San Carlo ai Catinari, nel novembre si trasferisce a Napoli.
Contrastato da artisti napoletani, quali Belisario Corenzio, Jusepe de Ribera e Battistello Caracciolo, gelosi della sua fortuna, non apprezzato dal Viceré e angustiato, per motivi di interesse, da suoi famigliari, nell'estate del 1634 abbandona la città per Frascati, dove è ospitato nella villa degli Aldobrandini. I Deputati del Tesoro di San Gennaro fanno di tutto per far tornare il Domenichino, arrivando a sequestrare la moglie e la figlia che erano rimaste a Napoli, cosicché, all'inizio dell'anno successivo, fa ritorno nella città partenopea per proseguire i lavori.
Nel 1637 riceve il pagamento per nove affreschi della Cappella del Tesoro, il primo novembre in una lettera a Francesco Albani spiega gli intenti simbolici della Madonna del Rosario. Nel mese di giugno 1638 comincia a dipingere la cupola della Cappella; nei pennacchi, continuando le tendenze sviluppate in quelli di Sant'Andrea, riempí gli spazi sferici con una moltitudine di figure gesticolanti che sembrano pietrificate.
Nel 1640 è documentato un altro pagamento per il Martirio di san Gennaro. Il 3 aprile 1641 stende il suo testamento e muore tre giorni dopo.
(Wikipedia)